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mercoledì 1 maggio 2013

Katarsi

Tra le mani l'Iliade  di Omero.Pagine ingiallite, piccoli segni di penna qua e là  ,semplici sottolineature
 muovono i fantasmi del mio essere,con battiti d'ali.
Tutto è nell'insieme fragile, pronto a rompersi come finissimi cristalli urtati nella loro meravigliosa essenza:
i miei compagni di banco; i miei docenti (quale percorso ha riservato il fato?), l'aleggiare degli avvenimenti raccontati dal libro( i soli capaci  in illo tempore di prendermicompletamente); la tragicità degli eroi.Tutto sale dalle pagine come fumi di un camino:ecco Ettore ,l'eroe  da me più amato, condannato crudelmente
dal destino a pagare colpe che non aveva.
Alla sua morte  mai rassegnatomi,.L'ululato ancora nelle orecchie di Ecuba ,i gemiti del padre Priamo ,spettatori della tragica fine dell'amato congiunto, trascinato nella polvere dal carro di Achille assetato di vendetta .La visione di andromaca che alla vista dello scempio si scioglie la chioma come per dare vita  ,senza più freno, allo spasimo del dolore.La coralità tragica di quelli che assistono da sopra
le mura della città ai segni permonitori della loro imminente fine.
Non è cambiato nulla.Il dolore ancora invade gli animi ;L'odio ancora alberga nei cuori ;la guerra dissemina ancora lutti tra i popoli;l'arroganza degli uomini la fa ancora da padrone.
Non vedo più eroi;non vedo più coraggio e altruismo.Il mio Ettore è morto per sempre .Non abbiamo imparato nulla neppure dalla poesia.La catarsi ci è estranea.     c.s

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