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domenica 25 agosto 2013

La telefonata

La telefonata. A Pronto...!pronto..!maledizione, non è facile prendere la linea. B pronto..sì, chi parla? A oh finalmente..! sono Fernando. B a Fernà,che ti succede? come mai mi telefoni? A sono in difficoltà.Sto per dare l'anima a Dio.mi trovo in un letto di ospedale non sto per niente bene. B pensi di venirmi a trovare ? A non lo so è possibile.Come si sta da te? B un po' come da voi. Se dovessi venirmi a trovare vedi di portarmi qualche ricordino ! A ricordino?...ricordino dell'incidente? non è rimasto più niente. B Non ricordo più niente..! A Mi è capitato di passare da quel posto,in autostrada,dove tutto è avvenuto nessuno ti ricorda neppure un fiore di plastica. B Lo so, si fa subito a dimenticare.Tutto è successo così all'improvviso.chi se lO sarebbe aspettato quel camion, davanti a me, senza la possibilità di poterlo evitare. Solo il tempo di gridare: muoio. A Purtroppo, è successo, e nessuno può farci niente ! B Comunque, ti aspetto !ho tante cose da raccontare .Qua la vita scorre tranquilla, nessuno più, corre per arrivare. A a presto! avremo modo di riparlarne.Penso che non passerà molto tempo: i parenti sono venuti a trovarmi;il prete ha voluto confessarmi; i medici fanno un'alzata di occhi quando si chiede di me; di tanto in tanto passa un signore che chiede all'infermiera a che punto siamo:quello mi è proprio antipatico anche se dicono che per il servizio che offre non sia tanto caro. c.s.

mercoledì 7 agosto 2013

Nenè

In paese lo chiamavano Nenè.Che fosse il diminuitivo di un altro nome era sicuro ma di quale non si sa.Anche le origini di Nenè,per i più ,erano sconosciute.Come se la Natura l'avesse partorito così come lo si conosceva: quarantenne e trasandato.Portava sempre con sè una giacca, piegata in due, o sulla spalla o sul braccio.Una camicia sudicia,aperta sul petto, sia d'inverno che d'estate, lasciava intravedere una peluria arruffata e villosa. I pantaloni piovevano nell'estremità a brandelli sulle scarpe che senza lacci e scucite contenevano dei piedi in libertà.I calzoni erano tenuti da una cinta sdrucita che saltando i passanti s'intrecciava a croce sull'ombelico.Sostava nella piazza di paese in attesa della corriera di linea.C'era sempre qualcuno che dietro un modesto compenso gli affidava il peso di una valigia o un involucro da portare..Non discuteva mai della ricompensa, si affidava alla generosità delle persone.Non parlava che a monosillabi.Lo si doveva interpretare perchè il suo esprimersi non era mai attinente a quanto si stesse dicendo.La risposta a quanto chiesto arrivava con notevole ritardo e quando meno te l'aspettavi.La domanda :" Nenè, sei libero ?? sai dove abito ?? portami questa valigia ..!!" la risposta che arrivava fuori luogo e fuori tempo era:"Che fa studi ??? alle case popolari ... !! tu sei figlio di...(indovinando sempre) "e se la rideva sotto i baffi per avere, a suo modo di vedere, sotto controllo la situazione.Era onestissimo .Non pretendeva mai ,più di quanto fosse giusto e se volevi dargli di più non lo accettava.Si caricava, all'improvviso ,la valigia e si dirigeva verso la casa di chi gli aveva affidato l'incarico senza più interloquire facendo le curva delle strade ad angolo retto(andava al centro della strada e poi girava come un militare ad angolo).Tutti lo rispettavano perchè non era capace di fare male ad una mosca. La piazza era la sua casa.La fermata della corriera, la sua speranza e la sua sopravvivenza.Poi ,all'improvviso scomparve.Non si seppe più niente di lui , come se la Terra l'avesse inghiottito così come, di nascosto, l'aveva generato. Senza la benchè minima commozione di voce si era sentito sibilare tra i denti qualcuno che, forse, era andato a buttarsi in qualche burrone di campagna come fanno gli animali quando sono vecchi e stanchi. c.s.

giovedì 1 agosto 2013

L'appartenenza.

L'appartenenza.
Tenebre degli abissi mettetevi in moto è giunto il momento.Non dimenticate di portare con voi squarci dell'universo ,brani in sinfonia di eternità,silenzi infiniti.Spalancate le porte, non sono solo.Porto con me le mie pazze visioni  che vagano per l'immensità in attesa di essere dispiegate.Accogliete la mia entrata come alito di vento.Potreste non accorgervene ma io batto le ali.
e a nulla servirà l'indifferenza.Ho pronto il viatico.Ho lavorato alla fucina dove ogni cosa vive e si scompone.Vorrei trovare il filo.Non è facile !
Eppure esiste ! è nei vostri laboratori dove gli atomi non discutono ma si accoppiano.Se ci sono
non mi potete eliminare Tornerò ad occupare uno spazio che non ho mai abbandonato.Voi siete di ciò consapevoli.Siete pazienti.Aspettate, senza fretta,che tutto torni all'inizio. Nel frattempo navigherò fra le stelle godendo di scenari immensi; mi calerò in abissi senza fondo,:assisterò allo spiegarsi di luci e colori senza fine e a scontri apocalittici
senza che nulla più possa nuocermi perchè vi appartengo.      c.s.